Giochi e felicità, come possiamo far divertire i nostri utenti?

Per poter comprendere perché il cervello umano ci porta a provare delle emozioni positive quando si trova sottoposto all’attività di gioco, è necessario identificare in primis l’esatto opposto, ovvero cosa ci spinge a provare emozioni negative. Quando un essere umano si trova in stato di depressione, prova un senso pessimistico di inadeguatezza ed una scoraggiante assenza di attività. Ribaltando questo concetto, si nota il gioco è l’esatto opposto della depressione, in quanto tutti i sistemi neurologici e fisici che stanno alla base della felicità (attenzione, gratificazione, motivazione, emozioni e memoria) sono pienamente attivati. Il motivo per cui il lavoro di per se può non renderci felici, è il senso di costrizione che proviamo nel farlo, più della fatica. Questo fa venire meno la volontarietà di partecipazione, che come abbiamo visto è uno dei tratti puramente definitori dei giochi. Se escludiamo questo, in realtà il lavoro ed il gioco hanno molti più tratti in comune di quanto si possa comunemente ritenere, possiamo ad esempio avere un metodo univoco per la classificazione, ed abbiamo quindi giochi/lavori

  • Di Routine
  • Ad alto rischio
  • Mentali
  • Fisici
  • Di squadra
  • Creativi

In generale “siamo più felici se ravviviamo il tempo, invece che ammazzarlo”.

Un altro elemento emotivo di particolare importanza è la sensazione di fierezza, uno dei maggiori picchi neurochimici che possiamo provare. Sia che si tratti battaglia vinta, un pericolo sconfitto che della soddisfazione di un operaio che resosi utile alla comunità dopo una giornata di lavoro, ritorna a casa soddisfatto. “Il lavoro nobilita l’uomo”, e probabilmente anche il gioco. E’ quindi necessario in fase di progettazione strutturare l’esperienza in modo che sia un susseguirsi di emozioni positive.

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