Ruzzle: il segreto del suo successo e che lezione possiamo trarne

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Come ha fatto Ruzzle a raggiungere l’incredibile successo a cui tutti abbiamo assistito? Cercherò di rispondere a questa domanda, dando una mia opinione.

In prima analisi consideriamo i feedback interni (che sono elementi intriseci nella natura del gioco):

  • Feedback sonori e grafici associati allo slide impeccabili
  • Flow zone (la capacità di mantenere l’utente all’interno del flusso) mantenuta perfettamente, usando diverse tecniche, in primis i singoli round brevi, che danno l’impressione all’utente di impiegare una quantità minima del loro tempo, ma che in realtà spingono al tentativo di round successivo, sia in caso di vittoria, che di sconfitta

Sapiente uso dei trigger esterni (ovvero gli stimoli che ci portano dentro il gioco essendo noi fuori da esso):

  • Facebook Opengraph Actions, particolari post pubblicati dal gioco, che ci informano del fatto che un nostro amico ha battuto qualcuno, o ha conquistato un badge
  • Notifiche sullo smartphone, che ci informano quando qualcuno ci ha invitato a fare una partita con lui

Utilizzo della connessione sociale:

  • Multiplayer a sfide contro amici o sconosciuti, spesso in modalità mista offline: stiamo giocando online ma ti vedo fisicamente, ti sento, osservo le tue reazioni al gioco e tu osservi le mie

Sembrerebbero indicazioni banali ed intuitive, ma perché delle tante app simili presenti sugli store di apple e android, questa ha avuto maggior successo?

Dall’intervista di Francesco Ferrazzino a Daniel Hasselberg, Project Manager di Ruzzle, possiamo trarre una lezione importante sul metodo di lavoro.

Il metodo lean startup, utilizzato in maniera diffusa da tutte le startup internazionali, può presentare delle criticità, se applicato ai giochi. Questi infatti, basano la loro crescita sul motore virale, cioè utilizzano la connessione sociale degli utenti come leva per acquisirne di nuovi (si contrappone al motore a pagamento, dove la traction è spinta da un investimento monetario, ed esiste un vero e proprio costo di acquisizione dell’utente).

Avendo alla base non la risoluzione di un problema come per le altre startup (che può portare gli utenti a tornare sul nostro prodotto pur essendo incompleto o con poche funzionalità) ma il vero e puro divertimento, non ci si può permettere di fallire ed iterare su grande scala (post pubblicazione sui market) il ciclo lean Create-Misure-Approve, perché la perdita di un utente insoddisfatto comporterebbe un freno all’acquisizione di nuovi.

Come possiamo fare quindi, per utilizzare un approccio lean, nello sviluppo di un gioco con motore di crescita virale? Ce lo dice indirettamente Daniel:

“Sia il design che il gameplay sono stati iterati diverse volte grazie a test interni ed esterni. Lo abbiamo rilasciato sul mercato solo quando i nostri amici e parenti sono diventati davvero dipendenti dal gioco”

Il segreto sta nell’avere una cerchia relativamente piccola (diciamo indicativamente 20-30 persone) di early adopters, che dobbiamo poter osservare, consultare spesso, e di presenza, migliorando continuamente e velocemente il prodotto, finché non raggiunge un livello di retention molto elevato.

L’user engagement e la retention sono infatti elementi chiave e necessari per innescare la crescita virale. Solo quando saremo consapevoli che il livello di maturazione garantisce questi requisiti, saremo davvero pronti per il lancio in grande stile.

 

 

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