Perché si gioca?

Cosa ci spinge a ad affrontare ostacoli non necessari?

Quando si progetta un’applicazione orientata ai principi base della gamification non si può non porre un’attenzione particolare al protagonista dell’interazione, su cui deve modellarsi l’esperienza d’uso: il giocatore. I tre componenti principali su cui focalizzarsi sono il divertimento, le ricompense, ed il tempo, grazie alle quali gli utenti intraprendono azioni che non sapevano di voler fare, senza alcun tipo di forzatura, e potendole prevedere in maniera abbastanza semplice, avendo alla base un fenomeno di irrazionalità sistematica. Tra le idee principali alla base del successo dei giochi c’è il concetto di flusso, studiato per la prima volta da Mihaly Csikszentmihalyi, un professore di psicologia che ha concentrato i suoi studi sulla felicità e la creatività. Essere all’interno del flusso indica uno stato in cui si trova il giocatore a metà tra l’ansia e la noia, in cui prevale la calma e la concentrazione, si trovano in questo stato ad esempio i musicisti mentre suonano da soli, o i corridori mentre si allenano per una maratona. Un’altro aspetto su cui vale la pena porre l’attenzione è lo studio del rinforzo, ovvero come associare una ricompensa ad un’azione del giocatore variandone la quantità e scegliendo le corrette tempistiche. A titolo esemplificativo, si consideri il famoso caso della cavia di laboratorio: se ad essa viene data una porzione di mangime ogni ora, durante i 59 minuti compresi tra una somministrazione e l’altra, la cavia farà altro e soltanto al sessantesimo minuto andrà in cerca del mangime. Questo tipo di comportamento è abbastanza similare a quello di un lavoratore che riceve lo stipendio in maniera fissa ogni 2 settimane: ciò che succede nell’intervallo temporale è perfettamente allineato con la paga, il lavoratore farà esattamente ciò che gli è richiesto, niente di più e niente di meno. Questo tipo di riforzo è definito ad intervallo fisso, e tramite questo si tendono ad avere in realtà livelli di coinvolgimento abbastanza bassi. L’alternativa è utilizzare un modello a intervallo variabile. Tornando all’esempio delle cavie da laboratorio, se consideriamo il caso in cui l’animale non sa quanto grande è la ricompensa e quando gli verrà somministrata, ma sa che prima o poi succederà, questo continuerà ad attivare il pedale di erogazione finchè non uscirà il cibo. Questo tipo di comportamento è usuale tra i giocatori di slot machine, ed ha un livello di coinvolgimento molto elevato.

Una teoria che spiega il comportamento del giocatore afferma che sono presenti 4 ragioni sottostanti: ottenere abilità e destrezza, divertirsi e socializzare. Nel 2004 inoltre, Nicole Lazzaro nel suo paper “Why We Play Games” ha posto l’attenzione su 4 differenti tipologie di divertimento: Hard fun (i giocatori provano a vincere in una qualche forma di competizione), Easy fun (i giocatori focalizzano la loro attenzione sull’esplorazione), Altered state fun (il gioco cambia il modo in cui il giocatore si sente), Social fun (i giocatori sono strettamente coinvolti tra di loro).

Un’altra importante distinzione che bisogna fare è quella tra motivazioni intrinseche e motivazioni estrinseche. Le motivazioni intrinseche sono quelle che derivano da noi stessi, e non necessariamente legate al mondo attorno a noi. Per contro, le motivazioni estrinseche sono guidate dal mondo esterno, ad esempio vincere del denaro o una competizione organizzata. Spesso le due tipologie vengono viste come l’una contrapposta all’altra, ed esistono diverse scuole di pensiero: Daniel H. Pink nel suo libro Drive, afferma che il denaro è una ricompensa troppo debole per convincere dei giocatori ad effettuare determinate azioni, si ha in particolare un calo delle performance relative a compiti artistici o comunque complessi. Dr. John Houston, un ricercatore nel campo della competizione, ha scoperto che ci sono tipologie di giocatori talmente competitivi da essere autodistruttivi: competono sempre, non solo quando non c’è nulla da guadagnare o da vincere, ma anche quando c’è un chiaro disincentivo. Alcune teorie suggeriscono che sostituire motivazioni intrinseche con ricompense estrinseche è un’operazione semplice da effettuare. Si consideri l’esempio di un bambino che impara a suonare il pianoforte unicamente perché si diverte, ed è talmente bravo che viene iscritto ad un concorso. Se il bambino comincia a vincere riconoscimenti e successivamente perde, smetterà di suonare il pianoforte. Questo è un esempio di ricompensa estrinseca che schiaccia la motivazione intrinseca, che andrà completamente persa. La sfida diventa quindi quella di progettare un gioco in modo da preservare il più possibile le motivazioni intrinseche, indipendentemente dall’uso delle ricompense estrinseche. La conclusione ovvia di questo ragionamento è che quando si comincia col rilasciare una ricompensa ad un giocatore, bisogna fare in modo che ne possa ricevere delle altre, e che rimanga in questo ciclo idealmente per sempre. L’obiettivo finale rimane quello di avere un perfetto allineamento tra motivazioni intriseche e ricompense estrinseche.

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